Il modello clinico

IL MODELLO DI PSICOTERAPIA BREVE STRATEGICA (BRIEF STRATEGIC THERAPY, GIORGIO NARDONE’S MODEL)

L’approccio breve strategico alla terapia è evidence based (Szapocznik et al., 2008, Castelnuovo et al., 2010, Gibson et al., 2016, Lock, 2002, 2009, 2010, Nardone, Salvini, 2013, Robin et. al., 1994, 1999) ed è riconosciuto come best practice per alcune importanti psicopatologie: disturbo ossessivo compulsivo, binge eating, anoressia giovanile, attacchi di panico, violenze familiari e comportamenti antisociali.
In particolare il modello, formulato da Paul Watzlawick ed evoluto da Giorgio Nardone (Brief strategic therapy, Giorgio Nardone’s Model), oltre ad essere empiricamente e scientificamente validato (Nardone, 2015; Pietrabissa, Gibson, 2015; Nardone, Salvini, 2014; Castelnuovo et al. 2011; Watzlawick, 2007; Jackson et al. 2018) nell’arco di oltre 25 anni, ha portato, come testimoniano le numerose pubblicazioni da questo scaturite, (vedi bibliografia ragionata), alla formulazione di protocolli evoluti di terapia breve, composti di tecniche innovative costruite ad hoc per sbloccare le particolari tipologie di persistenza proprie delle più importanti patologie psichiche e comportamentali (Nardone, Balbi, 2015).

Le basi epistemologiche del modello evoluto sono il costruttivismo radicale (E. von Glasersfeld, H. von Foerster), la teoria dei sistemi (E. von Bertalanffy), la pragmatica della comunicazione (P. Watzlawick, Beavin, Jackson), la logica strategica (J. Elster, N. Da Costa, G. Nardone) e la moderna teoria dei giochi (J. von Neumann).

CHE COS’È LA PSICOTERAPIA BREVE STRATEGICA E COME FUNZIONA

Il costrutto operativo centrale è quello di “tentata soluzione che alimenta il problema” formulato dal gruppo di ricercatori del MRI (Mental Research Institute) di Palo Alto (1974), evolutosi in seguito in quello di sistema percettivo-reattivo da Giorgio Nardone e che identifica tutto ciò che è messo in atto dalla persona e/o dal sistema intorno alla persona per gestire una difficoltà e che, reiterato nel tempo, mantiene e alimenta la difficoltà conducendo alla strutturazione di un vero e proprio disturbo.
Tuttavia la tradizione pragmatica e la filosofia degli stratagemmi come chiave del problem solving strategico vantano una storia più antica. Strategie che sembrano moderne possono essere rintracciate, ad esempio, nell’arte persuasoria dei sofisti, nelle antiche pratiche del buddhismo zen e nell’arte cinese degli stratagemmi, così come nell’antica arte greca della métis.

Una delle peculiarità che distinguono la terapia breve strategica dalle forme tradizionali di psicoterapia  è  che permette di sviluppare interventi basati su obiettivi prestabiliti e sulle caratteristiche specifiche del problema in questione, anziché su teorie rigide e precostituite. Inoltre ogni tipo di patologia è concepita non come una malattia biologica da guarire, bensì un equilibrio disfunzionale da trasformare in funzionale.

Questa disfunzionalità è sorretta da una dinamica che si autoalimenta, e non sulla base di determinate caratteristiche biologiche, né sospinta da oscure pulsioni annidate dall’inconscio e nemmeno come semplice frutto di apprendimenti sbagliati, bensì quale effetto dell’esasperazione e dell’irrigidimento di strategie adattive che si trasformano in disadattive, ovvero « tentate soluzioni» dimostratesi efficaci rispetto a determinati situazioni problematiche, che si convertono in ciò che mantiene e complica il problema anziché risolverlo. Ma proprio perché all’inizio funzionano, queste soluzioni costituiscono il fondamento della reiterata applicazione, sino all’effettiva costruzione della patologia. Pertanto l’intervento terapeutico sarà rappresentato da manovre in grado di interrompere tali controproducenti circoli viziosi. Affinché queste manovre siano efficaci, dovranno essere mirate a sovvertire la logica interna al problema riorientandola verso la sua soluzione.

Per questo la strategia dovrà, come ci insegna la « teoria dei giochi», calzare alle regole interne al gioco in corso e, come indica la logica strategica, dovrà essere composta di una serie di tattiche e di tecniche specificamente create o adattate per condurre alla vittoria. Ciò significa analizzare una psicopatologia come un problema da risolvere, e non come una malattia da guarire nel senso biologico del termine.
Un altro aspetto fondante della psicoterapia breve strategica orientata a spezzare la specifica rigidità patologica del disturbo o del problema presentato è dato dal costrutto di esperienza emozionale correttiva formulato da Franz Alexander nel 1946 sulla base di un esempio ripreso da un altro grande terapeuta, Balint, il quale narra in un suo libro, The basic Fault, come una sua paziente con la fobia di non essere in grado di fare una capriola a terra e per questo affetta dal timore di cadere o di perdere l’equilibro, guarì repentinamente quando un giorno inciampando nel tappeto del suo studio e rotolando a terra fece una splendida capriola rialzandosi prontamente.

Il costrutto indica che il cambiamento terapeutico si può realizzare solo dopo esperienze emozionali correttive che concretamente facciano sperimentare al soggetto di poter fronteggiare ciò che crede di non essere capace di fare. Tale esempio rende merito a un altro concetto terapeutico appreso dai maestri Paul Watzlawick e Jhon Weakland, quello di evento casuale pianificato, ovvero l’idea che per effettuare cambiamenti terapeutici rapidi e concreti fossero necessarie manovre comunicative o prescrizioni elaborate tali da creare nella vita del paziente esperienze correttive che gli apparissero casuali mentre in realtà sono stratagemmi pianificati dal terapeuta.

La soluzione del problema, attraverso la psicoterapia breve strategica è rappresentata, pertanto, da strategie e stratagemmi in grado di far cambiare alla persona le proprie tentate soluzioni disfunzionali, e grazie a ciò indurlo a sperimentare concretamente il cambiamento terapeutico, ossia fare in modo che il paziente modifichi effettivamente la percezione delle cose che lo costringevano a reazioni patologiche. In questa direzione appare fondamentale differenziare, per ogni forma di psicopatologia, i modelli logici dell’interazione disfunzionale che alimentano la loro formazione e persistenza, e sulla stessa linea costruire modelli di logica strategica dell’intervento risolutivo.

Questo è ciò che viene portato avanti dalla seconda metà degli anni Ottanta presso il Centro di terapia strategica di Arezzo e che ha condotto a realizzare protocolli di trattamento specifici per gran parte delle forme di disturbo psichico e comportamentale. L’efficacia e l’efficienza delle strategie e degli stratagemmi terapeutici costruiti ad hoc per le differenti patologie e la loro replicabilità ci hanno condotto poi ad avere una conoscenza effettiva ed empirica del funzionamento di tali equilibri disfunzionali. Tutto ciò spiega l’affermazione apparentemente paradossale: le soluzioni spiegano i problemi.


RISULTATI DI EFFICACIA E DI EFFICIENZA DELLA PSICOTERAPIA BREVE STRATEGICA

Dai risultati si evidenzia come gli esiti positivi dell’applicazione del modello si attestano sul 88% dei casi trattati con efficacia ancora più elevata per i disturbi fobici-ossessivi dove raggiunge il 95%.
L’efficienza relativa alla completa guarigione dal disturbo (che include tre incontri di follow-up) si attesta su una media di 7 sedute per l’intero trattamento. Se invece consideriamo l’azzeramento del disturbo invalidante, ovvero lo sblocco della sintomatologia, nella totalità del campione si è realizzato entro le prime 4 sedute, ovvero a 2/3 mesi dall’inizio della terapia.
Risultati di efficacia dei protocolli di trattamento:

  • Disturbi fobici e ansiosi (95% dei casi)
  • Disturbi ossessivi e ossessivo-compulsivi (89% dei casi)
  • Disordini alimentari (83% dei casi)
  • Disfunzioni sessuali (91% dei casi)
  • Disturbi dell’umore (82% dei casi)
  • Disturbi dell’infanzia e dell’adolescenza (82% dei casi)
  • Disturbi legati alla dipendenza da internet (80% dei casi)
  • Presunte psicosi, disturbo borderline e di personalità (77% dei casi)

Come si può può ben intendere, il fatto che le psicopatologie possano essere decisamente sofferte e persistenti da anni non significa che la terapia debba essere altrettanto sofferta e prolungata nel tempo . Con le parole di William Shakespeare ci piace ricordare, “non c’è notte che non veda il giorno”.