Medicina e Psicoterapia: due lati della stessa medaglia

medicina e psicoterapia

“Quando la mente soffre anche il corpo è malato” affermava Paracelso, famoso medico dell’antichità, ed è sicuramente vero anche il contrario. Mente e corpo sono un’unità indissolubile, sia in salute che in malattia, e comunicano tra loro continuamente.

Le malattie fisiche generano paura e sofferenza, peggiorando i sintomi corporei, e gli atteggiamenti mentali provocano disturbi fisici che a loro volta influenzano gli stati d’animo.

Tuttavia, negli ultimi secoli, con la nascita della moderna filosofia, si è affermata una visione di mente e corpo come unità distinte, anche se già Platone 2400 anni fa sosteneva che “Il più grande errore nel trattamento delle malattie è che ci sono medici per il corpo e medici per l’anima…”.

Questa artificiale divisione ha creato non poche difficoltà ai terapeuti: ma gli esseri umani si affezionano alle loro teorie, e, con le parole di Hegel, “Se la teoria non si accorda con i fatti, tanto peggio per i fatti”.

La frattura.
Si deve a Cartesio, nel 1600, la frattura definitiva tra psiche e soma, che ha permeato tutta la successiva cultura occidentale. Separando la materia (res extensa) dalla mente (res cogitans), Cartesio ha definitivamente consegnato le sofferenze umane o all’ambito fisico o a quello mentale.

Partendo da questo “dualismo cartesiano”, il modello medico tradizionale ha proseguito l’opera di frammentazione, con la comparsa delle varie specializzazioni fino ad arrivare alla “medicina d’organo”: il gastroenterologo cura lo stomaco, il cardiologo tratta il cuore e lo psicoterapeuta si occupa dell’ansia come se fossero entità separate, senza considerare che l’ansia peggiora le aritmie o che le difficoltà digestive causano ansia a chi teme di avere una malattia grave.

Inoltre, questo modello ipotizza che tra i processi fisici e quelli mentali ci sia una relazione lineare di causa ed effetto, arbitrariamente scegliendo l’evento fisico come causa del mentale. Il processo è rischioso, a causa di un errore frequente in medicina, quello di scambiare la “correlazione” con la “causazione”. Dire che due eventi accadono insieme, come il lampo e il tuono, non significa che l’uno causi l’altro.

Prendiamo la cosiddetta teoria biochimica della depressione: l’osservazione, non conclusiva, che una carenza di serotonina (un neurotrasmettitore cerebrale), correli spesso con la depressione, ha portato alla conclusione che la carenza di serotonina causi la depressione (da cui la terapia con farmaci che aumentano la serotonina).

Potrebbe benissimo essere vero il contrario, oppure i due eventi potrebbero essere causati da un terzo fattore ancora sconosciuto, così come il lampo e il tuono sono due aspetti di una scarica elettrica nell’atmosfera.
In realtà, fisico e mentale interagiscono tra loro in una circolarità nella quale l’uno è contemporaneamente causa ed effetto dell’altro, come esemplificato dal meccanismo alla base dei tanto temuti attacchi di panico.

La paura attiva il corpo producendo accelerazione del cuore, respirazione affannosa, senso di costrizione alla gola, e tutti i sintomi tipici dell’ansia; i segnali corporei retroagiscono sulla mente amplificando la paura che a sua volta aumenterà l’attivazione dell’ansia, e cosi via in un circolo vizioso che può sfociare nell’attacco di panico conclamato.

La situazione attuale.
Immaginiamo di andare dal medico perché da qualche tempo ci sentiamo spossati, dormiamo poco, digeriamo male e abbiamo frequenti mal di testa. Dopo averci visitato e controllato gli esami, il medico conclude che “non abbiamo niente” o al massimo che siamo “stressati”.

Nonostante la nostra certezza di essere indisposti, apparentemente non soffriamo di nessuna malattia. Questa situazione è più frequente di quel che si pensi, e affligge dal 20 al 50% delle persone che si recano dal medico di base.
Si tratta di sintomi cosiddetti “funzionali”, o “inspiegabili”, perché non si inseriscono in un quadro clinico preciso e non corrispondono a segni di anomalie negli organi.

Nonostante la loro “inspiegabilità” è molto chiara a chi ne è affetto la relazione con situazioni di vita, emozioni e atteggiamenti mentali. In alcuni casi i sintomi si organizzano in quadri clinici più specifici come colon irritabile, cefalea tensiva, sindrome da fatica cronica, dermatiti.
Queste sindromi sono anche dette “psicosomatiche” a sottolineare il fatto che sono attribuite almeno in parte a non specificate cause psicologiche.

Anche quando soffriamo di una malattia francamente organica, cioè con una causa biologica definita e alterazioni negli esami diagnostici, non possiamo certo ignorare la componente mentale. Quando la malattia è grave, cronica o debilitante, possono comparire disturbi d’ansia o depressione reattiva: poiché le emozioni e gli atteggiamenti mentali influenzano la prognosi e il decorso delle malattie, è fondamentale che questi aspetti siano riconosciuti e curati.

D’altra parte ci sono disturbi prettamente mentali, come i disturbi alimentari (anoressia, bulimia e sindrome da vomiting), che hanno pesanti ripercussioni sul fisico: debilitazione, osteoporosi, depressione immunitaria, alterazioni ormonali nell’anoressia; danni esofagei, aritmie nel caso del vomiting; complicanze dell’obesità nel caso della bulimia. In tutti questi casi la cura del disturbo mentale deve essere accompagnata dal trattamento di eventuali problemi fisici.

L’unità corpo-mente.
Negli ultimi decenni abbiamo per fortuna assistito a una controtendenza. A partire dagli anni ‘70, si è fatto strada un modello di medicina che prendeva in considerazione, oltre agli aspetti clinici, anche quelli psicologici e sociali (modello biopsicosociale di Engel):
da allora sempre più studi confermano ciò che non dovrebbe avere bisogno di conferma, cioè che emozioni, aspettative e stati di animo influenzano la percezione dei sintomi, la risposta alle cure e in definitiva il decorso delle malattie.

Uno degli esempi più eclatanti e anche più comuni è il noto effetto placebo, per cui la semplice aspettativa di un miglioramento può indurre e favorire il miglioramento stesso, anche in assenza di una terapia attiva.

Questo effetto, ingiustamente sottovalutato o addirittura denigrato da alcuni, è invece un prezioso alleato perché utilizza in positivo l’influenza della mente sul corpo. Un terapeuta in grado di orientare la mente del paziente verso il miglioramento e la guarigione, cioè di sfruttare i meccanismi placebo, otterrà risultati migliori in termini sia di efficacia che di efficienza dell’intervento.

Nell’arco degli anni, lo studio delle connessioni tra corpo e mente ha prodotto una notevole quantità di dati sperimentali ed osservazioni cliniche, ed è nata una nuova disciplina, la Psico-Neuro-Endocrino-Immunologia (PNEI), che integra la psiche con i sistemi nervoso, endocrino ed immunitario. La PNEI studia come le emozioni e gli stati d’animo condizionino le difese immunitarie, la percezione dei sintomi, i livelli ormonali e il funzionamento degli organi.

Ancora parafrasando Paracelso, questa disciplina fornisce una veste scientifica al fatto che “L’immaginazione può creare la fame e la sete, produrre secrezioni anomale e causare malattie”.

Lo stato dell’arte.
Purtroppo, nonostante l’abbondanza di dati, una completa integrazione delle discipline mediche con quelle psicologiche è ancora lontana. A partire dai corsi di studi universitari, per proseguire durante lo svolgimento delle rispettive professioni, medici e psicoterapeuti camminano l’uno accanto all’altro senza mai incontrarsi davvero.

È quindi auspicabile un maggior dialogo fra le due discipline, un approfondimento della conoscenza dei rispettivi ambiti di intervento, che pur mantenendo una propria necessaria individualità, spesso si sovrappongono.

Abbiamo i disturbi mentali superiori, come la depressione maggiore, o la schizofrenia, nei quali il trattamento con psicofarmaci pone le condizioni per il successivo intervento psicoterapeutico o riabilitativo. In disturbi meno invalidanti, come la depressione lieve, la psicoterapia può essere accompagnata da una cura farmacologica. In altri casi, come nei disturbi di ansia, la psicoterapia è considerata il trattamento di elezione, come confermato da molte linee guida internazionali.

Considerando disturbi propriamente organici, quando la malattia è lieve, acuta e non invalidante, la terapia di elezione è quella medica (farmaci, procedure chirurgiche o altri tipi di interventi sul corpo). Tuttavia nelle malattie psicosomatiche e in tutti i disturbi funzionali, occorre affiancare a quella medica una terapia psicologica, di supporto nella gestione dello stress o di altre situazioni di vita del paziente.

Infine, nei pazienti affetti da malattie gravi, croniche o debilitanti, occorre occuparsi e preoccuparsi dei risvolti psicologici, perché la prognosi peggiora se compare una depressione reattiva o semplicemente un senso di impotenza.

Da ultimo, in ogni tipo di intervento medico, dobbiamo considerare l’importanza dell’atteggiamento mentale del paziente sulla sua aderenza alle indicazioni (compliance). Sappiamo dai dati in letteratura quanto l’approccio comunicativo medico tradizionale sia inefficace: le indicazioni farmacologiche sono seguite alla lettera solo dal 50-70% dei pazienti, le prescrizioni dietetiche dal 10% e l’indicazione a smettere di fumare è accolta solo dal 2% dei pazienti.

Il lavoro del medico diventa inutile se il paziente non aderisce alle prescrizioni, e questo ha pesanti ripercussioni negative sia sulla salute dei pazienti, sia sulla spesa sanitaria.
In questo ambito uno specialista della psiche può riconoscere e gestire le resistenze del paziente e incrementare la sua compliance, migliorando così l’efficacia dell’intervento medico.

Per fortuna i semi del cambiamento sono stati gettati, e stanno rapidamente crescendo, perché sia i pazienti che i loro curanti sentono sempre di più l’esigenza di un’integrazione tra la cura del corpo e quella della mente. Il cammino è ancora in salita: occorre tempo per aggiornare i corsi di studi e per modificare il modello medico tradizionale di patologia d’organo.

Proseguendo però in questa direzione, promuovendo a tutti i livelli la collaborazione tra differenti professionisti dell’aiuto, spariranno prima o poi gli artificiali confini tra medicina e psicoterapia, e la medicina integrata psiche-corpo non sarà più solo auspicabile, ma inevitabile.

Dott.ssa Simona Milanese
(Medico, Psicoterapeuta, docente e ricercatrice ufficiale del Centro di Terapia Strategica)

Bibliografia
Nardone G. (2015), “La nobile arte della persuasione“, Ponte alle Grazie, Milano.
Milanese R., Milanese S. (2015), “Il tocco, il rimedio, la parola”, Ponte alle Grazie, Milano

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